Il Giudice Fabrizio Pasquale, uno dei magistrati che a livello nazionale si è distinto per i numerosi provvedimenti in favore di un corretto uso e diffusione dell’ istituto della mediazione civile e commerciale, non si è risparmiato nemmeno in un recentissimo dictum avente ad oggetto un opposizione a decreto ingiuntivo.
Il magistrato, partendo dall’ adesione al noto orientamento della Suprema Corte che stabilisce che l’ onere di attivazione della mediazione è in capo alla parte opponente, mette in atto un interessante excursus interpretativo attraverso il quale analizza la natura del termine di 15 giorni ex art. 5 D.lgs. 28/2010 e spiega tramite un ragionamento logico-giuridico il perché della improcedibilità della controversia in oggetto.
Nell’ approfondimento in oggetto, il Giudice attua una vera e propria fase esplorativa dei vari orientamenti sul tema della natura del termine dei 15gg, rilevando che vi è giurisprudenza variegata che spazia dalla perentorietà desumibile dalla fattispecie concreta, all’ esclusione della perentorietà perché non espressamente prevista per giungere ad un’ interpretazione ibrida o intermedia, che pur riconoscendo la natura ordinatoria e non perentoria del termine in discorso, afferma che la parte a carico della quale è stato posto l’ onere di instaurare il procedimento di mediazione può ottenere dal giudice una proroga del termine, sempreché depositi tempestivamente l’ istanza prima della scadenza del termine stesso. È noto, infatti, che i termini ordinatori possono essere prorogati ai sensi dell’ art. 154 c.p.c.
Il Magistrato di Vasto, nel dictum, si dichiara favorevole all’ orientamento della natura ordinatoria/acceleratoria del termine ma il termine de quo deve fare i conti con il termine disposto dal Giudice affinché venga espletato il tentativo di mediazione disposto dal giudice.
A Tal proposito dal dato testuale dell’ art. 5, secondo comma, D.Lgs. n. 28/10, si evince che lo scopo sotteso alla assegnazione del termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione è quello di compulsare le parti all’ attivazione della procedura, in modo che essa possa essere portata a termine prima della celebrazione della udienza di rinvio. In altre parole, la ratio legis della previsione del termine di quindici giorni risponde alla esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione, affinchè la parentesi extraprocessuale, che si apre con l’ emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio.
Quindi, in base a questo raffinato ragionamento giuridico, stante la funzione acceleratoria del termine la sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale non consegue alla mancata proposizione della domanda di mediazione entro il termine di quindici giorni, bensì all’ omesso esperimento del procedimento entro il termine di celebrazione della udienza di rinvio del processo, il quale viene, a sua volta, calibrato dal giudice in ragione del termine di durata della mediazione, pari a tre mesi decorrenti, al più tardi, dal termine assegnato che di fatto non è stato espletato.
A cura del responsabile scientifico Concilia Lex S.p.A., avv. Pietro Elia
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