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Alla larga dalla processualizzazione

Uno dei temi più caldi dibattuto tra gli addetti ai lavori della mediazione (probabilmente il principale), riguarda quello della processualizzazione o meno dell’istituto . La netta dicotomia di opinioni, è costituita dai formalisti che sostengono ed auspicano una contaminazione processuale della mediazione e gli “ortodossi” dell’informalità poiché, stante la natura stragiudiziale dell’istituto, esso deve rimanere avulso dalla verticalità del processo civile.

La sentenza del Tribunale di Rimini che ci apprestiamo a commentare, sicuramente accenderà ulteriormente il dibattito appena richiamato..
Nel caso di specie, a seguito di mutamento del rito di un procedimento di sfratto ed una mancata accettazione “banco iudicis” , da parte del conduttore, di un pagamento ridotto dei pregressi canoni di locazione non pagati, per mancato ricevimento del certificato di agibilità dell’immobile, le parti in causa venivano inviate in mediazione ex art. 5 comma 2 D. Lgs. 28/2010.
All’udienza successiva, il conduttore rilevava come l’istanza di mediazione non fosse stata notificata anche al procuratore costituito, quindi eccepiva la nullità della notifica dell’istanza, ma il Giudice riminese, ha respinto tale eccezione ritenendola infondata, in quanto l'art.4, comma 2, del D. Lgs. 28/10 aggiornato alla L. n.69/13 prevede che il contenuto dell'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa. Non è quindi prevista alcuna analogia con il codice di procedura civile circa l'eventuale onere di notificare la domanda di accesso anche al procuratore costituito, in quanto a tenore letterale della norma, è sufficiente che l'atto sia portato a conoscenza del suo diretto interessato. Cosa che nel caso di specie è avvenuta in maniera corretta e conforme al dettato normativo sopra delineato.
Quindi una vera presa d’atto, da parte del Tribunale di Rimini, dell’informalità della mediazione che non deve subire una processualizzazione non prevista dalla normativa vigente ( anche se in lacune norme il fenomeno è ravvisabile). Ad adiuvandum, va anche detto che non solo il citato art. 4 non può essere oggetto di analogia alle norme processuali, ma lo stesso art. 8 recita : La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante.

L’argomento non è di secondaria importanza e il dictum in questione palesa l’ennesimo vulnus della normativa che ha costretto il giudice ad uno sforzo ermeneutico apprezzabile. A supporto della condivisibile interpretazione del tribunale riminese, soccorre anche l’art. 3 3 comma d.lgs., che, come sostenuto da autorevole dottrina, svolge una preziosa funzione di riequilibrio, ponendo il procedimento di mediazione al riparo dal regime formale tipico del processo. Quindi la norma in esame, non si limita a render chiaro che gli atti compiuti in sede di mediazione non sono soggetti a particolari formalità, ma assolve al compito di sottrarre l’intero procedimento all’applicazione delle regole dettate dal c.p.c. in tema di nullità degli atti processuali, a cominciare dai principî di tassatività e di strumentalità enunciati dall’art. 156, per finire al disposto dell’art. 159, 1° comma, per il quale la nullità di un atto provoca quella degli atti successivi che ne sono dipendenti. Pertanto l’art. 3 comma 3, produce l’apprezzabile effetto di rendere l’accordo conciliativo sostanzialmente immune al mancato rispetto delle forme del procedimento di mediazione prescritte dalla legge e dal regolamento dell’organismo. Per leggere la sentenza integrale vai nella sezione Giurisprudenza del nostro sito web, oppure clicca qui.

A cura del Responsabile Scientifico Concilia Lex Avv. Pietro Elia

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