Su questo aspetto delicato, è il turno del Dott. Monteverde, Giudice della III sezione di Firenze a fornire un’ interpretazione approfondita sul rapporto tra principio di effettività e conseguente improcedibilità in caso di mancata osservanza del primo.
Nel caso di specie, veniva disposta la mediazione delegata e nell’ ordinanza in oggetto veniva prevista, a chiare lettere, l’ improcedibilità della domanda in caso di mancato ed effettivo tentativo di mediazione. Il procedimento di mediazione veniva introdotto su iniziativa della parte opposta, ma non si è effettivamente svolto a causa del contegno tenuto dall’ opponente che ha pensato bene di non presentarsi all’ incontro fissato dall’ ODM. In conseguenza di tale comportamento, il magistrato fiorentino ha ritenuto non essersi avverata la condizione di procedibilità.
Sul punto se è vero che l’ art. 5 comma 2 bis, parrebbe prima facie stabilire che “la condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza accordo”. Tale norma non appare connotata da un’ effettiva valenza precettiva per la semplice e decisiva ragione che sarebbe in contrasto con la nozione stessa di condizione di procedibilità, con la ratio legis e con la funzione deflativa dell’ istituto della mediazione delegata se, dopo che il giudice ha ritenuto che sussistano i presupposti per l’ esperimento del procedimento di ADR , tale strumento deflativo potesse essere vanificato per effetto di una scelta rimessa alla volontà delle parti.
Quindi in questo caso, il mancato esperimento mediatorio deve valutarsi la conseguenza di tale (grave) omissione avuto riguardo alla particolare natura del giudizio qui instaurato di opposizione a d.i. ex art. 645 c.p.c. Infatti l’ art. 5 comma 2 dispone che “… il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’ istruzione ed il comportamento delle parti, può disporre l’ esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’ esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”.
Il comma 4 della medesima disposizione prescrive inoltre che i commi 1-bis e 2, e cioè quelli che prevedono la mediazione obbligatoria prima del giudizio, ovvero la mediazione delegata dal giudice per le cause già pendenti, non si applicano “nei procedimenti di ingiunzione, inclusa l’ opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione” (lett. a). Con tale disposizione normativa il legislatore ha escluso sia che la proposizione del ricorso monitorio o della opposizione in materia rientrante tra quelle per le quali è prevista la necessaria mediazione ante causam, siano condizionate da tale incombente, sia che in tali procedimenti e nel susseguente giudizio di opposizione sino a quando siano stati adottati i provvedimenti, ritenuti evidentemente urgenti ed incompatibili con i tempi della mediazione, di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c., possa essere disposta la mediazione delegata dal giudice.
La ratio di tale disciplina è evidente nel senso che si è ritenuto che lo svolgimento della procedura di mediazione fosse sostanzialmente incompatibile con le peculiari caratteristiche del procedimento monitorio, caratterizzato dalla rapidità e assenza di previa attivazione del contraddittorio, e dell’ opposizione, il cui termine di proponibilità è contingentato dall’ art. 641 c.p.c.
Quindi tale disposizione normativa è leggibile nel solo senso che è con selettivo riferimento alla domanda che sostiene l’ opposizione che introduce il giudizio a cognizione piena, dopo l’ adozione dei provvedimenti considerati urgenti e latu sensu cautelari, che diviene possibile l’ esperimento della mediazione, procedimento cognitivo e relativa domanda cui dunque deve ritenersi la legge faccia sul punto esclusivo riferimento. Alla luce di tale ragionamento ermeneutico, resta fermo che ai sensi dell’ art. 5, co. II, citato, il mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice, così come nel caso di mediazione ante causam, comporta la ”improcedibilità della domanda giudiziale”.
A cura del responsabile scientifico Concilia Lex – Avv. Pietro Elia
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