Il Tribunale di Ravenna ha affrontato un altro tema molto delicato concernente l’ improcedibilità o meno del tentativo di mediazione ante causam. La risposta al quesito è tutt’ altro che scontata in quanto la norma non è chiara sul punto. Quindi davanti all’ ennesimo vulnus normativo, il giudice ravennate ha cercato di fare chiarezza.
La controversia ha per oggetto la contestazione di interessi anatocistici, e pertanto rientra nell’ alveo delle materie oggetto di condizione di procedibilità che, nel caso di specie non è stata assolta ed è stata tempestivamente sollevata la relativa eccezione in giudizio.
La sentenza, per giustificare l’ improcedibilità della domanda, originata dal mancato tentativo di mediazione ante causam, dopo aver richiamato l’ art. 5 comma 1 bis che prevede che il potenziale attore debba preliminarmente esperire il procedimento di mediazione disciplinato da tale decreto oppure, in alternativa, il procedimento istituito in attuazione dell’ art. 128-bis t.u.b, parte dalla Direttiva Comunitaria 52/2008.
A tal proposito il considerando 6, afferma che “la mediazione può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale attraverso procedure concepite in base alle esigenze delle parti. Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti”.
Il legislatore nazionale (opportunamente) distaccandosi dall’ opzione (volontaria/obbligatoria) ha reso obbligatoria la mediazione (più corretto il tentativo) ponendola temporalmente antecedente la causa, a pena di improcedibilità. Tale scelta, risulta compatibile con il diritto comunitario, posto che la direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’ inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario (art. 5, par. 2, dir. n. 52/2008).
L’ aver reso preventiva la mediazione e condizione di procedibilità dell’ azione in giudizio risponde ad una precisa scelta del nostro legislatore, che oltre a favorire soluzioni basate sulle esigenze delle parti, risponde ad una logica chiaramente deflattiva, volta cioè a contenere i costi ed i tempi della giustizia civile senza al contempo rendere particolarmente complesso l’ accesso alla stessa, qualora il previo tentativo abbia esito negativo.Tale tesi è supportata dalla finalità pubblicistica che sta alla base della (re)introduzione della mediazione obbligatoria rende indisponibili dalle parti private sia l’ an del suo esperimento in assoluto, sia il quomodo e quindi la stessa tempistica che il legislatore ha previsto per il suo svolgimento.
Quindi alla luce di tale iter interpretativo, deve ritenersi che la condizione di improcedibilità della domanda, non preceduta dal tentativo obbligatorio di mediazione ex art. 5 D.Lgs. 28/2010, né da altra forma di conciliazione bancaria, si sia cristallizzata definitivamente, conseguendone la radicale improcedibilità della domanda attorea. Davvero interessante il dictum appena commentato, che se dovesse affermarsi porrebbe fine all’ incomprensibile e dannoso ostruzionismo difensivo che si rileva specialmente nel contenzioso bancario. Per leggere la sentenza integrale vai nella sezione Giurisprudenza del nostro sito web, oppure clicca qui
A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A. avvocato Pietro Elia
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