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Quale il limite della responsabilità del mediatore?

Prima di commentare la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo il 25 novrembre del 2016 bisogna brevemente premettere che la stessa affronta il problema della responsabilità civile del mediatore sotto la vigenza della prima versione del D.Lgs. 28/2010: tale circostanza non è affatto trascurabile in quanto, nell’attuale versione, si è trasferito l’eventuale onere della fase di omologazione dell’accordo dall’ODM agli avvocati con la seconda versione. Quindi spostando significativamente l’asse della responsabilità sui legali che assistono obbligatoriamente le parti nei tentativi di mediazione oggetto di condizione di procedibilità ex art. 5 comma 1 bis D.Lgs. 28/2010. Inoltre va rilevata una mancata disposizione normativa sulla responsabilità del mediatore che ovviamente ha indotto dottrina e giurisprudenza ad applicare la normativa ed i principi generali civilistici.

La controversia in esame affronta un accertamento di responsabilità del mediatore nei confronti del quale si lamentava una condotta negligente a seguito di un accordo regolarmente sottoscritto dalle parti, avente ad oggetto una divisione ereditaria. Per il tramite della vocatio in ius, si contestava la validità dell’accordo per carenza della causa del contratto ex art. 1418 c.c., poiché una delle parti non rivestiva la qualità di erede e quindi veniva richiesta una contestuale richiesta di risarcimento del danno.

Il giudice estensore nell’affermare la responsabilità del mediatore, parte dal confermare la natura contrattuale del rapporto contrattuale tra le parti e l’organismo di mediazione (il quale organismo intrattiene un rapporto con il mediatore di prestazione professionale ex art. 2230 c.c.), privilegiando la tesi che qualifica la fattispecie in esame alla stregua di un contratto misto, in cui accanto alle regole del mandato trovano applicazione le norme che disciplinano l’appalto di servizi ovvero quelle relative al servizio d’opera. Quindi trattandosi di responsabilità contrattuale incombe sul debitore l’onere della prova circa la non imputabilità del contestato inadempimento. Nonostante la dimostrata circostanza che il mediatore non fosse a conoscenza della carenza della qualità di erede di una delle parti, il Giudice, evidenziando una innovativa responsabilità oggettiva, ha ritenuto configurarsi una responsabilità contrattuale da parte del mediatore, in considerazione del fatto che la sua prestazione esige , in ragione di soggetto professionalmente qualificato, che sia assicurata la validità dell’accordo raggiunto sotto il profilo formale e sostanziale, a nulla rilevando che le parti siano assistite da un difensore e quindi come se la presenza degli avvocati tamquam non esset.

La decisione del tribunale siciliano, è alquanto coraggiosa, rappresenta francamente una forzatura e soprattutto non tiene conto di una probabile o quasi certa mala fede da parte di chi ha occultato tale circostanza che ha indotto in errore il mediatore e che quest’ultima non poteva rientrare nella tipologia di controllo (formale e sostanziale) preteso dal dictum delgiudice. Sul punto, va ad aggiungersi la carenza normativa di uno specifico obbligo di identificazione da parte del mediatore, il quale ai sensi dell’art. 11 comma 3 è tenuto solo a certificare l’autografia della sottoscrizione delle parti od il suo rifiuto che è cosa ben diversa dall’identificazione. Immaginiamo comunque che tale decisione sarà oggetto di gravame, perché se dovesse affermarsi un orientamento giurisprudenziale di tale contenuto, non comprendiamo che senso abbia l’assistenza legale obbligatoria degli avvocati in mediazione.

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A cura Responsabile Scientifico Concilia Lex Avv. Pietro Elia

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